Il compromesso è sicuramente una parte importante, perché se non sei soddisfatta in prima persona come donna non potrai mai esserlo come mamma. È così complicato essere una mamma lavoratrice in Italia?

Testo di Angélica M. Velazco J.

Essere mamma e lavorare in Italia, bel tema, no? Ricordiamo che il concetto di famiglia in Italia ha delle radici profonde.

L’Italia è un Paese molto centrato sulla famiglia. È, magari, uno stereotipo nato all’estero, ma è anche accettato dagli stessi italiani. Per un italiano, la famiglia è tutto. E normalmente chi è al centro della famiglia? La mamma.

L’Italia, come molti Paesi, si sta adattando ai tempi moderni e anche il ruolo della donna acquisisce più importanza nella società, non solo come quella figura che tiene in piedi la casa, ma anche come quella che studia, cresce e si sviluppa professionalmente.

Così, questa volta abbiamo deciso di intervistare una mamma italiana lavoratrice: Maria Grazia Colaianni, una professionista che vive nel Sud d’Italia, in Puglia e ci ha raccontato com’è riuscita a trovare la formula magica che le permette di bilanciare lavoro e famiglia.

Ma non solo, lei ha vissuto all’estero e parla anche 3 lingue, per cui conosce le sfide che si devono affrontare fuori casa.

Ciao Maria Grazia, ci vuoi raccontare chi sei, cosa fai, dove vivi e quanti bimbi hai? 

Ciao, io mi chiamo Maria Grazia, vivo nel Sud d’Italia, nella provincia di Bari, se vedete la cartina è la parte “tacco dello stivale” e sono consulente aziendale, cioè mi occupo di supportare le aziende per alcuni progetti specifici di miglioramento. Sono sposata e ho un bambino di 4 anni e mezzo. 

Sono una mamma lavoratrice part-time però part-time verticale, cioè lavoro alcuni giorni, non tutta la settimana, ma tutta la giornata, quindi non è il classico part-time metà giornata, proprio perché molto spesso per il mio lavoro mi ritrovo ad andare in giro per l’Italia.

Questo ovviamente, come mamma, è stato un compromesso.

Il fatto di lavorare solo alcune giornate è stato il compromesso per cercare di stare un po’ più tempo con mio figlio;  posso comunque contare con un aiuto, soprattutto di mio marito e, in una piccola parte, di una babysitter.

Però ti posso dire che trascorro più tempo io con mio figlio che molte altre donne lavoratrici che tornano a casa tardi ogni pomeriggio. Quindi è stato un compromesso senza grandi rimossi.

La parola d’ordine è organizzazione.

Ci racconti com’è una tua giornata tipo?

Io ho due giornate tipo: la prima è quando sono a casa, quindi non lavoro formalmente da un cliente; il secondo tipo è quando io parto e torno in giornata. Anzi, adesso che ci rifletto, sono tre le giornate tipo perché la terza giornata è quando invece non torno a casa. 

Quindi, il primo tipo di giornata, quando non lavoro presso il cliente, faccio la mamma a tutti gli effetti, accompagno mio figlio a scuola, dopodiché, la mattina la dedico ai miei impegni, approfitto per sistemare la casa, o fare delle compre un po’ più approfondite.

Spesso e volentieri, il mio lavoro richiede una preparazione, diciamo, di documenti, progetti, quindi c’è anche una parte di lavoro a casa, un po’ di back office.

Poi, alle 16 vado a prendere mio figlio e il pomeriggio mi dedico a lui. Molto spesso prepariamo la cena perché è nella fase in cui vuole aiutarmi e poi la sera si gioca, gli leggo la favola e si va a dormire.

Il primo tipo di giornata è abbastanza da mamma casalinga, lavoratrice, molto part-time. 

Il secondo tipo di giornata parto e torno la sera; nella stragrande maggioranza delle volte mi alzo molto presto, quindi non accompagno io mio figlio, ma se ne occupa mio marito.

La sera se non riesco a tornare per la cena, sicuramente torno per il dopo cena, quindi mi occupo di mio figlio nell’ultima parte della giornata: lo lavo, gli leggo la favola e lo faccio addormentare.

Mentre nel terzo tipo di giornata, sono completamente assente, sono soltanto al 100% lavoratrice e mio marito si occupa di nostro figlio con il supporto dalla babysitter.

C’è, diciamo, un mix tra mamma e lavoratrice in questi tre tipi di giornate. 

Ma questo l’avevi pensato così prima di avere il bimbo? È una cosa che tu avevi già in testa sul come equilibrare o è una cosa che pian piano è andata così?

Ho iniziato questo lavoro molto prima di avere il bambino e mi sono sempre chiesta come sarebbe stato dopo, quando avrei deciso di avere un figlio.

Non riuscivo a immaginarmelo, ti dico la verità. Temevo di dover rinunciare a una parte del lavoro. Prima di avere un bambino, non avrei mai immaginato di riuscire a conciliare questa cosa. 

In realtà posso dire che è fattibile, è veramente molto fattibile. Mio figlio è sereno e questo è importante, ovviamente ci sono dei momenti che vanno un po’ così… però ho raggiunto il cosiddetto work-life-balance, nel vero senso della parola. 

E secondo te quale sarebbero le principali caratteristiche di una mamma lavoratrice in Italia? 

Togliere e mettere. Riuscire sicuramente a ridurre una parte della tua vita, è un compromesso, quindi io ho ridotto il mio orario di lavoro.

A me piace tantissimo il mio lavoro, quindi per me è stata una rinuncia, però rispetto alla mamma tradizionale italiana, ho aggiunto qualcosa che riguardasse me stessa, non rinunciando completamente a questo lavoro.

Io avrei potuto tranquillamente fare un altro lavoro vicinissimo a casa, ma stando fuori casa dalle 9 di mattina alle 18:00 e non con lo stesso grado di soddisfazione. Avevo un’alternativa. Però ho scelto quel lavoro che mi dà più soddisfazione.

Quindi, il compromesso è sicuramente una parte importante, perché se non sei soddisfatta in prima persona come donna non potrai mai esserlo come mamma. 

E ripeto che ho fatto qualcosa di diverso rispetto alla mamma tradizionale perché, specialmente al Sud, c’è sempre solo ed esclusivamente al primo posto la famiglia, il figlio, e sembra quasi che andare a lavorare sia un reato forse perché si sottrae troppo tempo.

Diciamo che, a volte, non è per niente facile essere una mamma lavoratrice in Italia. Ecco perché il compromesso è secondo me l’elemento giusto per essere una buona donna e anche una buona mamma. 

È importante anche cercare un equilibrio tra moglie e marito; il ruolo del papà deve essere più presente di quanto normalmente lo è nelle famiglie italiane, almeno tradizionalmente.

Visto che stiamo parlando ad un pubblico straniero, secondo te, qual è la parte più facile di essere mamma in Italia? 

Il fatto di vivere in Italia soprattutto nel Sud Italia… c’è una semplicità nelle cose, nel godersi le piccole cose, del stare insieme.

Non dobbiamo creare chissà quali giochi o chissà quali avventure, basta andare in campagna, giocare con la terra alla “ricerca dei grandi tesori” o “adesso è il momento di fare il detective top secret”, cioè la semplicità delle cose, la spontaneità con cui certe volte si compiono le azioni.

Probabilmente anche il fatto di godere ogni momento così come viene. Probabilmente è anche legato al carattere delle persone; io lo vedo molto nell’essere italiani, un po’ creativi, nell’improvvisare determinate situazioni. Ecco se proprio posso dire qualcosa a proposito dell’essere un po’ italiani.

E invece la parte più difficile nello stesso contesto di essere mamma lavoratrice in Italia?

Ecco la parte più difficile riguarda i servizi. Mi spiego: ci sono pochissimi asili nido comunali, al Sud è ancora peggio che al Nord.  Se già vivi in una città come Milano o come Roma sicuramente c’è più assistenza.

Più si va nei piccoli centri, meno c’è assistenza da parte dello Stato, in generale; quindi devi fare ricorso agli enti privati anche se non sei necessariamente ricco o benestante e quindi è una grossa spesa che devi affrontare. 

In alcuni casi lo Stato dà la possibilità di avere dei bonus però anche a livello organizzativo, se vuoi lavorare con un bambino molto piccolo fino ai 3 anni – dai 3 anni in poi c’è la scuola materna, che non è obbligatoria però è un aiuto e ce ne sono parecchie che funzionano benissimo – devi essere autonoma, devi provvedere tu in qualche modo.

Quindi come mamma lavoratrice diventa un po’ difficile; così come una volta terminata la scuola perché la maggior parte delle scuole, sia materna che primaria e secondaria, terminano alle 13, 13:30, massimo alle 14. Alcune scuole permettono ai bambini di rimanere nel pomeriggio, ma non tutte.

Questo significa che se tu lavori a tempo pieno, devi avere una babysitter o dei nonni o comunque delle persone che possono tenere il bambino.

Per questo motivo molte donne, soprattutto al Sud, cercano di fare un lavoro part-time proprio per poter essere un po’ più presenti al pomeriggio.

Quindi forse questa è la parte un po’ più complicata, soprattutto se hai un marito che non è molto presente per motivi di lavoro o anche per inclinazione.

Avere un figlio in Italia cambia a seconda della regione dove vivi? Cioè, se una mamma che arriva dall’estero vuole venire in Italia, dove potrebbe andare?

Sicuramente c’è una situazione diversa tra Nord e Sud. Sicuramente più per quanto riguarda i servizi, ma non tanto in quanto mamma. 

Per esempio i trasporti, i collegamenti, gli ospedali. Più che altro io direi che c’è anche una differenza e questo vale un po’ per tutta l’Italia, tra grande città o grande centro e i paesini.

Ovviamente per ogni cosa ci sono i pro e i contro: se vivi nella grande città hai tantissimi servizi, però magari potresti avere minore sicurezza, soprattutto se sei una madre e sei da sola.Oppure per spostarti devi impiegare molto tempo e se già lavori tutto il giorno devi anche considerare una o due ore di trasporto al giorno.

Tutto ciò non c’è in un paesino, dove hai molta più tranquillità e si raggiunge più facilmente il posto dove vuoi andare. 

Ci sono ovviamente i pro e i contro, però se io dovessi consigliare una persona che arriva in Italia, sicuramente direi di andare in una città medio-grande, quindi con più servizi, più scelta – magari non scegliere le metropoli Milano e Roma, ma una città media-grande. 

Dipende anche da cosa si vuole fare: se si vuole lavorare, se non si vuole lavorare, che tipo di lavoro si può fare, perché magari ci sono persone che troverebbero lavoro più facilmente al Sud che al Nord se vogliono, per esempio, lavorare nell’ambito dell’agricoltura, nell’ambito specifico di un certo tipo di turismo.

Dipende molto, ma come linea generale, per una mamma il fatto di vivere in un centro più grande potrebbe essere più facile.

Per finire, molte mamme ci chiedono anche sulla tutela delle immagini e dei dati dei bimbi in Italia a livello legale. Soprattutto per questa, a volte, sovraesposizione che c’è con le immagini dei bimbi sui social, ecc. Come mamma, sei a conoscenza di qualche legge, di qualche tutela dell’immagine di bimbi, cosa ne pensi?

In generale esiste la legge sulla privacy in Italia, addirittura c’è un garante nominato dallo Stato che tutela proprio la privacy di tutti, adulti o bambini. 

Nello specifico, dei social, mettere le foto dei propri bambini su un social è qualcosa d’individuale, nel senso che io come mamma posso decidere. 

Io in prima persona non ho mai messo una foto di mio figlio perché non mi piace assolutamente.

Sì, sono sui social, ma non metto nemmeno più le mie foto perché per quanto ci possano essere garanzie e leggi sulla privacy, una volta che tu inserisci un dato su internet e rimane in memoria, si può fare ben poco. 

Tendenzialmente, chi ti conosce ti chiede sempre permesso di mettere la foto del bimbo su Internet.

Se dovesse trattarsi addirittura della scuola, che è diventata molto più rigida rispetto al passato, ti fanno firmare un documento sulla privacy, chiedono l’autorizzazione per mettere, ad esempio, la fotografia dei bambini sul sito della scuola se fanno delle attività.

Però tu puoi tranquillamente non dare autorizzazioni e tuo figlio non potrà mai comparire, altrimenti sono suscettibili di denuncia. 

Quindi da un punto di vista istituzionale, si è molto tutelati.

Dal punto di vista invece di amici e conoscenti che magari hanno una fotografia di gruppo in cui c’è tuo figlio tendenzialmente ti chiedono il permesso. E se non te lo chiedono e c’è la foto, parli direttamente con la persona e se proprio non la toglie, ma qui stiamo parlando di casi estremi, puoi fare una denuncia alla Polizia Postale.

C’è molta attenzione sulla privacy in Italia.

A parte il consiglio che ci hai dato sul vivere in Italia con un figlio, quale sarebbe il consiglio più importante da dare a una mamma che arriva dall’estero con i figli? 

Avere un progetto. Cioè arrivare con un’idea più o meno chiara di che cosa si voglia fare in Italia. Come straniero, in generale, magari senza documenti ufficiali o cittadinanza, può risultare complicato cercare un lavoro o aprire una determinata attività, quindi secondo me si deve avere un progetto.

Io parlo di un progetto di vita in generale. Perché anche in base al tipo di lavoro che uno desidera trovare, facilita anche l’individuazione di dove andare a vivere. 

Quindi, avere un progetto di vita, almeno all’inizio, come punto di partenza, permetterebbe alle persone di essere più focalizzate e dire, ad esempio, “se io voglio vivere di turismo o se sono un’artigiana o dipingo, mi servono dei posti dove la natura sia più d’ispirazione o dove c’è più turismo”. 

L’altro consiglio in generale è di andare nei posti un po’ più floridi, soprattutto se non si hanno grandi disponibilità finanziarie all’inizio, andare nel Nord Italia sicuramente agevola; qualora il progetto iniziale non possa andare a termine, si potrebbe avere un piano B.

Però, non arrivare all’avventura, soprattutto se non si hanno contatti. Potresti essere fortunato e trovare lavoro, ma se si ha un’idea di partenza, secondo me, è molto più facile.

Leia o artigo em português: O Que Significa Ser Uma Mãe Trabalhadora Na Itália?

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