Vi ricordate la mia storia riguardante la patente in Italia? Vi ricordate dove eravamo rimasti? Ero traumatizzata perché sono stata bocciata all’esame pratico a Milano. Adesso eccomi qui, a raccontarvi com’è andato il mio secondo tentativo di superare non solo questo esame, ma anche le mie paure sulle quattro ruote in strada.

Dalla primavera siamo passati all’estate. Il 16 luglio, data della scadenza del mio foglio rosa, si avvicinava e per questo motivo mi hanno assegnato come data dell’esame pratico venerdì 12. L’ansia aumentava sempre di più perché non potevo sbagliare. Ho fatto più di 25 lezioni di pratica (in realtà ho perso il conto) perché volevo prepararmi bene a questo secondo esame. Ho cercato di allenarmi specialmente a livello mentale, pensando, analizzando e cercando di convincermi che ce la potevo fare, che ero capace. Tutt’oggi non capisco perché avevo così tanta paura della strada.

Questa volta l’esame era previsto al pomeriggio. Faceva caldissimo, ma per me comunque è sempre meglio del freddo. Eravamo sei persone: cinque ragazze e un ragazzo. Tre di noi ci eravamo già visti la prima volta, quindi ci trovavamo lì, nello stesso posto a condividere la preoccupazione di poter essere bocciati una seconda volta.

La mia seconda opportunità

Alle 14 passate, arriva la persona che deve valutarci e, questa volta, si tratta di una donna. Chiede chi è il primo e lo fa salire subito in macchina. Questo esame è cominciato in maniera diversa rispetto al primo. Con la prima persona, la prova è durata circa 20 minuti e il risultato: bocciata. Evidentemente lo stress di tutti aumenta. Sale in macchina il secondo futuro neopatentato. Fanno dei giri mentre noi aspettiamo. Tornano dopo mezz’ora e scende dalla macchina con la patente in mano. Bene! Uno su due, c’è speranza. 

Adesso tocca a me. Questa volta riuscirò a prendere la tanto desiderata patente italiana? Respiro a fondo prima di salire in macchina, l’esaminatrice mi chiede i miei documenti e cominciamo la prova. Questa volta, niente domande orali, solo pratica. Mi sentivo molto più sicura rispetto all’esame precedente, ma comunque un po’ agitata. Passano i minuti e io seguo le indicazioni: mi chiede di fare delle manovre, faccio un parcheggio e va bene, me ne fa fare un altro che non va tanto bene, ma mi fa correggere la posizione della macchina. Lo faccio, tutto ok. Proseguiamo.

Tutto va meravigliosamente e finalmente riesco a immaginarmi con la mia patente italiana. Ad un certo punto l’esaminatrice comincia a chiedermi perché vado così lentamente, io le rispondo “perché c’è il limite di velocità in questa strada”, ma lei si agita un po’ e mi dice che comunque sto andando troppo sotto il limite, che dovevo usare la terza marcia. 

Il mio nervosismo è palpabile

Da lì in poi comincio a innervosirmi un po’ di più. Penso che magari sto sbagliando, ma cerco di ricordare tutto quello che mi era stato spiegato a scuola guida per potere ottenere l’agoniata patente in Italia. E continuo. Quando penso che le cose non potessero peggiorare, appaiono dal nulla due bambini in bicicletta da un incrocio. Mi fermo di colpo. Gli alberi non mi permettevano di vedere bene i bambini e proprio in quel momento, mi si è spenta la macchina. Già mi vedevo il risultato finale: bocciata. L’esaminatrice passiva non mi dice nulla; si è accorta che i bambini sono usciti all’improvviso e magari per quello mi “ha perdonata”.

Continuo ancora più ansiosa: avevo la bocca secca e i piedi mi tremavano; lei mi chiede di accelerare e mi fa andare in tangenziale, ovvero una strada di scorrimento veloce fuori dalla città. “Che paura accelerare, cavolo”, pensavo, ma era un rischio non farlo. E così sono andata avanti per 35 minuti. Non vedevo l’ora di finire quella prova. Finalmente, mi chiede di tornare indietro.

Una volta arrivati al punto di partenza mi fermo e lei comincia a farmi delle domande trabocchetto, fatte per ingannarti e per testare se sei veramente preparato e consapevole di quello che hai imparato. Io ho risposto con le informazioni che sapevo, ma ero già bloccata, non sapevo se ero stata bocciata o se avevo superato la prova della tanto agoniata patente in Italia.

E dopo varie raccomandazioni, il risultato

Lei mi fa un discorso sul rischio di andare troppo piano per strada. Adesso che lo ricordo mi fa ridere: normalmente, ti fanno i discorsi per l’eccesso di velocità, ma io ero la vecchietta che andava piano e che rompeva agli altri autisti. Io le dico di esserne consapevole e le spiego che l’ansia dell’esame mi faceva agire così. L’istruttore, che rimane sempre in macchina ad accompagnare gli studenti durante l’esame, la rassicura dicendole che ero preparata e che le ultime pratiche erano andate bene. Il momento tanto atteso arriva: l’esaminatrice mi fa firmare un foglio bianco, ma io non capivo cos’era. La guardo e dalla tasca prende questo prezioso pezzo di plastica: signore e signori, ce l’ho fatta, ho la patente!

Scendo dalla macchina più sudata di un calciatore al 90º minuto della partita e quasi quasi non credevo a quello che mi stava succedendo. Questo racconto potrebbe sembrare un po’ esagerato, ma l’ho vissuta proprio così. 

Non vorrei esagerare, ma sinceramente non ricordo di aver mai sentito un’ansia così prima; magari era causata dal fatto di essere in un Paese con delle regole così diverse dal mio, dove tutto quello che riguarda la strada, fino a poco tempo fa, era sconosciuto per me. Inoltre, tutto quello che richiede un investimento da parte nostra, non solo di soldi, ma di tempo, di sforzi ed emotività ci crea ansia, che in alcuni è più forte degli altri.

Prendere la patente in Italia: le mie considerazioni finali

A differenza del primo esame pratico, in cui praticamente mi sono buttata senza essere preparata, questa volta mi sono anche informata di più, ho letto delle storie, testimonianze e dei consigli di chi ce l’aveva fatta. Tutti arrivavano alla stessa conclusione: quello che conta durante l’esame pratico di guida non è il numero di errori che fai, ma la qualità dell’errore e come riesci a risolverlo.

La mia conclusione è che ottenere la patente in Italia non è così facile o scontato. Probabilmente ti mettono sotto stress, facendoti delle domande mentre guidi, o in qualche altro modo per capire se sei adatto a risolvere ogni situazione e ogni problema nonostante le circostanze perché, alla fine, anche la vita reale è così.

Testo di Angélica M. Velazco J.

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